Ecco la «nuova era» per le città cinesi. Una circolare emanata dal Ministero per l’Edilizia e l’Urbanistica e dalla Commissione per lo sviluppo e la riforma nazionale, propone misure radicali per garantire che gli edifici «incarnino lo spirito» di ciò che li circonda ed «evidenzino le caratteristiche della Cina».
L’abilità della Cina nel costruire edifici non è certo un segreto. Basti pensare alla costruzione del nuovo ospedale di riferimento della provincia di Hubei (Cina Centrale) inaugurato il 2 febbraio, la cui costruzione è stata avviata solo il 24 gennaio. In circa dieci giorni, sul suolo cinese, una struttura di 25mila metri quadrati con 1300 posti letto è cresciuta come un fungo.
Ora, tra le nuove linee guida per architetti e urbanisti, c’è il divieto di progettare grattacieli più alti di 500 metri (1.640 piedi).
«Il documento in realtà non riguarda solo l’altezza», ha detto Li Shiqiao, professore di architettura asiatica all’Università della Virginia, in un’intervista telefonica alla BBC. «Riguarda la cultura cinese, il contesto urbano, lo spirito della città e l’aspetto della modernità».
Dei 10 edifici completati che misurano oltre 500 metri in tutto il mondo, la metà si trova proprio nella Cina continentale. Tra questi ci sono la Torre di Shanghai a 632 metri (2.073 piedi) di altezza, il secondo grattacielo più alto del pianeta, e il Ping An Finance Center di Shenzhen che misura 599 metri (1.965 piedi) dalla base alla punta, attualmente il quarto edificio più alto del mondo.
Da qualche tempo, però, questa tendenza si sta trasformando. Il numero degli edifici che misurano 200 metri (656 piedi) o più in Cina è diminuito di quasi il 40% l’anno scorso, secondo i dati di costruzione del Council on Tall Buildings and Urban Habitat (CTBUH).
«Il nuovo documento conferma la crescente intolleranza per gli edifici «fuori scala o fuori contesto», ma i grattacieli di 499 metri sono strutture ancora molto, molto alte», ha affermato Fei Chen, professore di architettura senior presso l’Università di Liverpool.
Stop agli edifici di imitazione occidentale in Cina
Il governo cinese, forse anche in seguito ai recenti contrasti con gli Usa, ha deciso di porre fine alla costruzione di edifici «copiati». Tra le altre misure contenute nella circolare, infatti, si trova anche il divieto di «plagio e imitazione». La Torre Eiffel di Tianducheng e la Thames Town di ispirazione londinese fuori Shanghai sono due degli esempi più estremi di come l’architettura dell’imitazione ha prosperato negli anni 2000.
«Nelle città della costa orientale, o in aree più sviluppate, gli architetti hanno migliori capacità progettuali, quindi producono edifici migliori. Ma nelle città interne si vedono ancora edifici che copiano gli stili o i linguaggi architettonici altrui, e ciò non è certo un buono design», ha continuato il professor Li.
Il documento del governo propone, inoltre, un sistema di credito per gli architetti, cosi da incoraggiare il rispetto delle leggi e dei regolamenti di pianificazione. Tutto in linea con la crescente enfasi posta sulla conservazione del patrimonio in Cina: no alla demolizione di edifici storici, dell’architettura tradizionale o di alberi secolari per far posto a nuove strutture.
Ora resta da vedere se le nuove linee guide del governo giungeranno a buon fine, soprattutto a livello locale. Ciò che funziona in un luogo, infatti, potrebbe non funzionare in un altro. «Così come Mosca e Barcellona nominano un individuo per approvare o porre il veto a nuove proposte edilizie, così deve essere in Cina per garantire che i progetti si adattino al contesto urbano generale», ha concluso Chen.