Quando si parla di femminismo, ancora troppo spesso si tende a fare confusione. Sono parecchie le persone che non conoscono né il vero significato di questo termine, né tantomeno le sue radici. A oggi, sappiamo che il femminismo è un movimento storico che punta alla parità economica e sociale di uomini e donne. Una persona femminista non concepisce la prevaricazione di un genere su un altro, qualsiasi esso sia. Eppure, c’è chi ancora storce quando si discute di parità dei sessi. Fortunatamente, il mondo dispone d’individui che si battono per questa lotta, e la sostengono con i mezzi che hanno a disposizione. Una delle maggiori attiviste femministe, è l’attrice Emma Watson. E’ proprio con lei che nasce la campagna ONU “He For She“.
“He For She”: “Lui per lei”
Il significato letterale è proprio quello: “lui per lei“. La motivazione di questa scelta, in realtà trova le sue radici ben più in là di quanto riusciamo a immaginare. Facciamo un passo indietro: come sappiamo, nel corso degli anni le donne hanno dovuto lottare duramente per ottenere pari dignità, doveri e diritti rispetto alla agli uomini. Fin da tempi particolarmente remoti, la figura femminile rispecchiava unicamente il ruolo di madre e moglie a tempo pieno. Era assolutamente inconcepibile pensare alla donna come lavoratrice al pari dell’uomo.
E non si tratta solo di lavoro, naturalmente. Il femminismo, quello nato durante la prima metà del Novecento con le suffragette, nasce con lo scopo del riconoscimento legale da parte della donna. Ella infatti, non solo non poteva recarsi alla cabina elettorale, bensì non esisteva dal punto di vista legale.
In Italia, sarà solo nel secondo dopoguerra che queste battaglie vedranno finalmente dei risultati. Non è comunque finita qui. Il femminismo si protrae in una seconda ondata, la quale segna un netto cambio di prospettiva. Sarà infatti solo da qui, che la donna comincerà a percepirsi come un essere complesso. La seconda ondata femminista segna l’inizio delle battaglie per la parità di genere, nonché per il riconoscimento della donna come essere umano, totalmente svincolato dai ruoli di genere insiti nella società.
A partire dalla terza ondata di femminismo, qualcosa cambia. A differenza della prima e della seconda ondata, all’alba della terza vi è un pensiero comune nella mente delle persone: quello che la seconda ondata femminista non fosse mai realmente terminata. Questo perché, i temi e le lotte che questa ha apportato, non erano arrivati a una soluzione. Non a caso, sappiamo bene che ancora oggi argomenti come la parità di genere e la violenza sulle donne, sono oggetto di discussione.
Femminismo al maschile
Eccoci finalmente a un punto d’arrivo: la quarta ondata femminista. Uno dei punti fondamentali di questa ondata, è infatti l’inclusione. Ci si rende conto che il femminismo, fino ad allora si era riferito quasi esclusivamente alle donne bianche, cisgender e di solito benestanti, escludendo qualsiasi altra categoria. E non solo. Si comincia a vedere il femminismo non più come una lotta per le donne e tra le donne. Le battaglie femministe parlano anche agli uomini, per gli uomini.
Non si tratta solo di convenienza. E’ vero che l’unione fa la forza, ma le ragioni dietro a questo cambiamento sono ben’altre. Innanzitutto, molti uomini prendono spontaneamente parte alla lotta femminista, in quanto consapevoli del loro potere. E’ infatti innegabile che la loro voce, nel corso della storia, spesso ha risuonato decisamente più di quella di qualsiasi donna. Inoltre, molti maschi si rendono conto che il femminismo conviene anche a loro.
Di fatti, se il femminismo mira alla parità dei sessi, e non alla prevaricazione del genere femminile quello maschile, non rappresenta una minaccia per gli uomini. Anzi: grazie al pensiero femminismo, anche gli uomini sono visti come esseri umani complessi, svincolati dal ruolo di genere che la società ricuce addosso a loro. Un uomo potrà finalmente piangere senza essere additato come “femminuccia”. Potrà scegliere il lavoro che desidera. Sarà libero di dedicarsi maggiormente alla prole. Insomma, i vantaggi sono innumerevoli. Basta solo abbandonare la visione unilaterale del mondo, per vederli.
Il discorso di Emma Watson
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«Quando avevo 8 anni, ero confusa dal fatto che mi definissero una prepotente perché volevo dirigere la recita per i nostri genitori: ma ai maschi non succedeva. A 14 anni ho cominciato a essere trattata come un oggetto sessuale da alcuni media. Quando avevo 15 anni le mie amiche hanno cominciato a lasciare le squadre degli sport che amavano perché non volevano diventare muscolose. A 18 anni i miei amici non erano capaci di esprimere i loro sentimenti. Ho deciso di diventare femminista e la cosa non mi sembrava complicata. Ma le mie ricerche più recenti mi hanno fatto scoprire che “femminismo” è diventata una parola impopolare. Le donne si rifiutano di identificarsi come femministe. A quanto pare sono considerata una di quelle donne le cui parole sono percepite come troppo forti, troppo aggressive contro gli uomini, persino non attraenti. Perché questa parola è diventata così scomoda?».
Sono queste le parole con le quali Emma Watson ha introdotto per la prima volta la campagna ONU “He For She”. L’attrice, già autrice di altri progetti attivisti, ha scelto di partire da se stessa, raccontando il suo vissuto come donna. Da questo, possiamo comprendere quanto uno schieramento femminista non sia in realtà per niente di parte. Poiché è solo riconoscendoci come essere umani pari, che il mondo può sperare in un futuro migliore.