sabato, Aprile 19, 2025

Cambiamento climatico: a rischio il 60% delle spiagge del Pianeta

Le ultime preoccupanti ricerche mettono in guardia circa la concreta possibilità che entro la fine del secolo quasi la metà delle spiagge del nostro Pianeta saranno destinate a scomparire se non si correrà ai ripari. Le cause? In parte naturali ma le principali sono dovute al cambiamento climatico e all’azione dell’uomo sull’ambiente.

Le spiagge sabbiose occupano più di un terzo del litorale globale e rappresentano un valore inestimabile per il turismo, l’economia e l’ecosistema in generale.
Interfaccia naturale tra la terra e il mare, le aree costiere svolgono anche la fondamentale funzione di creare una “barriera naturale” a protezione delle zone più interne, riparandole da cicloni e mareggiate. 
In un prossimo futuro, però, la loro presenza potrebbe non essere così scontata a causa del continuo cambiamento geologico, meteorologico e climatico, aggravato dall’inquinamento prodotto dall’uomo. 

I maggiori danni che detta erosione provocherà all’ecosistema non colpiranno solo flora e fauna ma anche tutti quegli insediamenti costieri che rischiano di scomparire inghiottiti dalle acque.

La bellissima spiaggia di Kos, in Grecia

Come riporta il quotidiano britannico Guardian, sono stati recentemente pubblicati i risultati di uno studio di durata trentennale condotto dagli scienziati del CCR, il Centro comune di ricerca istituito dalla Commissione europea che, attraverso le immagini satellitari, hanno potuto seguire gli effetti del cambiamento climatico sulle aree costiere dal 1948 al 2015.

Le osservazioni dei ricercatori hanno segnalato il pericolo tangibile che nei prossimi trent’anni l’erosione delle zone costiere si estenda oltre i 36 mila chilometri di superficie terrestre, ossia più del 13% del totale. 
I dati raccolti suggeriscono, inoltre, che se non si adotteranno gli opportuni provvedimenti questi numeri potranno solo aumentare: tra il 2050 e il 2100, infatti, la superficie interessata potrebbe attestarsi attorno ai 95 mila chilometri, pari al 27% delle aree costiere. 

Lo scioglimento dei ghiacci e l’espansione termica delle acque causeranno un aumento degli oceani di 50 cm entro il 2100

Questi dati sono ancora più preoccupanti se si considera che essi rappresentino un’aspettativa ottimistica basata sull’impegno internazionale a raggiungere gli obiettivi di riduzione dell’emissione di gas ad effetto serra (ghg), in particolare CO2, stabiliti dal cd. scenario SCP 4.5 secondo quanto pattuito con l’Accordo di Parigi.

Alcuni dossier dell’ONU sui cambiamenti climatici paventerebbero effetti ancora più gravi, con stime dell’innalzamento del livello dei mari da 0.94 – 1,03 metri (cautelative) a 1,31 – 1,45 metri.

Elaborare misure adattive efficaci è ormai il compito di vitale importanza.
Come evidenza il Guardian urge adottare i provvedimenti idonei prima che gli stessi diventino eccessivamente onerosi o, peggio ancora, impraticabili.

L’effetto scioglimento della calotta polare

Negli ultimi venticinque anni i cambiamenti ambientali hanno visto una drammatica accelerazione.

L’oceanografo Michalis Vousdoukas a capo del team del CCR ha spiegato che “Finora, gran parte dell’aumento del livello dei mari era dovuto all’espansione termica delle acque più calde ma, da qui al 2050 in poi, sarà dovuto per lo più allo scioglimento delle calotte glaciali”.

L’avanzamento dei mari potrebbe far perdere a livello globale dagli 86,4 (nell’ipotesi migliore) ai 128 metri di litorale e tali numeri potrebbero significativamente aumentare.

Come ha dichiarato Vousdoukas nello studio pubblicato sulla rivista Nature Climate ChangeLa lunghezza delle spiagge marine minacciate comprende luoghi che saranno sommersi per oltre 100 metri, supponendo che non vi siano limiti fisici al potenziale ritiro“. Il ricercatore ha precisato che “La nostra soglia di 100 metri è prudenziale poiché la maggior parte delle spiagge è inferiore a 50 metri, in particolare vicino agli insediamenti umani e in piccole isole, come i Caraibi e il Mediterraneo“.

Secondo queste stime le spiagge maggiori potrebbero restringersi dai 100 ai 200 metri sulle coste dell’Atlantico e del Pacifico e sul lato australiano dell’Oceano Indiano, spazzando via oltre il 60% dei depositi di sabbia in molti Paesi in via di sviluppo, economicamente fragili e fortemente dipendenti dal turismo costiero. 

Di questo passo, se non s’interverrà per ridurre le emissioni di gas serra gli oceani “aumenteranno di circa 80 centimetri” avverte il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici con una perdita di circa 132 mila chilometri di spiaggeo il 13% della costa libera dai ghiacci del pianeta”.

A peggiorare la situazione vi è anche l’erosione costiera provocata da mareggiate sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico in atto.
Peter Hannam, al WAToday, ha precisato: “Le proiezioni elaborate dai ricercatori europei hanno utilizzato i dati satellitari che hanno seguito i mutamenti delle linee costiere dal 1948 al 2015”. In trent’anni le variazioni hanno riguardato una parte sostanziale di superficie erosa, tanto che “la tendenza potrebbe peggiorare a mano a mano che l’intensificarsi dei cambiamenti climatici farà salire il livello dei mari”.

Gli esperti hanno assicurato che moderare le emissioni di gas a effetto serra potrebbe prevenire del 40% la perdita dei litorali dovuta all’innalzamento del livello dei mari.

Secondo Vousdoukas, infatti, “Una moderata mitigazione delle emissioni potrebbe impedire il 17% della ritirata del litorale nel 2050 e il 40% nel 2100, preservando in media 42 metri di sabbia tra terra e mare“.

Il pericolo, secondo quanto riporta il Guardian, riguarderà soprattutto i litorali affacciati sul Mar Egeo che già entro la fine del 2100 potrebbero perdere le bellissime località di Xanthi, Izmir, Rodi, Kos, Creta e di molte aree del Peloponneso. 

Il Western Australia Today ha riferito che ad oggi oltre 12 mila chilometri di spiagge sono minacciate dal preoccupante innalzamento del livello dei mari e per il Guardian queste cifre potrebbero facilmente superare i 14 mila chilometri entro la fine del secolo.

L’Australia, protagonista inerme di repentini mutamenti termici che nell’ultimo periodo hanno dilaniato il Continente con incendi e inondazioni, nelle previsioni più ottimistiche, entro fine secolo vedrà sommerse o distrutte il 40% delle sue spiagge se a livello internazionale non si riuscirà a compiere uno “sforzo moderato” per ridurre le emissioni di CO2.

Il Canada potrebbe perdere 14’425 chilometri di litorale, seguita Cile (6’659 km), Messico (5’488 km), Cina (5’440 km) e Stati Uniti (5’530 km).
Gambia e Guinea-Bissau, già carenti di coste fruibili, potrebbero veder sommerso oltre il 60% della superficie costiera.

In Gran Bretagna le aree più colpite sarebbero le località del Dorset occidentale e del Nord del Devon, del Great Yarmouth, del Barrow-in-Furness e del nord-est del Lincolnshire, con un’erosione prevista cinque volte superiore alla media nazionale.
Nella migliore delle ipotesi”, scrive Stefano Valentino sul quotidiano King’s Cross, “il Regno Unito perderà 1’531 chilometri di spiagge, ossia il 27.7% della sua stessa costa”, ma la riduzione potrebbe spingersi a 2’415 km di costa, oltre il 43% del totale dell’Isola.

I problemi maggiori saranno avvertiti nelle aree a più alta densità di popolazione, poiché la costruzione di strade, edifici e altre infrastrutture impediscono il ciclo di rifornimenti grazie al naturale deposito delle sabbie sui litorali.

Vousdoukas ha garantito che “L’espansione umana verso il mare continuerà soprattutto nelle coste incontaminate, che sono particolarmente estese in Asia e Africa” avvertendo “Sono urgentemente necessarie misure adattive“.

Robert Nicholls, direttore del Tyndall Centerdell’Università dell’East Anglia, a Norwich, ha avvertito che “Nel Regno Unito, parte dell’erosione artificiale è dovuta alla gestione delle scogliere“, spiegando che “Questo accade, ad esempio, a Bournemouth, per salvaguardare le proprietà di lusso“.  

Sally Brown, vicedirettrice del Dipartimento delle scienze e dell’ambiente alla Bournemouth University, ha osservato che “La costruzione di difese aiuta a mantenere la posizione sulla costa” tuttavia queste “riducono larghezza e profondità della spiaggia per decenni“. Secondo la dottoressa “Rispondere all’innalzamento del livello del mare significa guardare in maniera strategica come e dove difendiamo i nostri litorali oggi“.

E l’Italia?

Legambiente stima che siano almeno quaranta i litorali italiani “ad alta vulnerabilità che corrono il rischio più alto di essere inondate”.

Fabrizio Antonioli, geologo e ricercatore di Enea, ha riferito che in Italia 5’600 chilometri quadrati di litorale “rischiano di finire sommersi dal mare in assenza di interventi di mitigazione e adattamento”. 

A preoccupare sono soprattutto le aree del Nord Adriatico e dei golfi di Taranto, Oristano e Cagliari. 

A rischio anche quattro spiagge del Belpaese: secondo uno studio pubblicato su Nature Scientific Report i porti di Napoli, Salerno, nonché il tratto costiero della Piana del Sele e il porticciolo di Scario potrebbero scomparire per sempre.

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

- Advertisement -spot_img

Latest Articles