In Bosnia la tecnologia riuscirà a individuare tutti i corpi delle vittime della guerra del 1992-1995? A un quarto di secolo dalla fine del conflitto, quasi 8000 persone risultano tutt’ora disperse. Ma droni dotati di un particolare sistema di telerilevamento potrebbero aiutare i ricercatori nel loro rinvenimento. E dare la possibilità ai familiari di seppellire i propri cari.
Come procedono le ricerche in Bosnia?
Alla Bosnia e alla Erzegovina Amor Masovic ha dedicato 28 anni della sua vita, nella strenua ricerca dei dispersi. Direttore del Missing Persons Institute of Bosnia, Masovic è a capo delle ricerche per rintracciare le spoglie mortali delle vittime del conflitto 1992-1995. Un compito che i bosniaci non hanno agevolato pur sapendo dove cercare i corpi. O perché in passato avevano assistito al delitto in prima persona. Oppure perché lo avevano commesso o favorito. Ad AlJazeera lo stesso Masovic aveva spiegato: “La quantità di informazioni ottenute dagli esperti in crimini di guerra, o almeno nelle sepolture delle vittime, è alquanto trascurabile“. Ma nessuno ha voluto esporsi, nonostante la protezione dell’anonimato.
Qualche dato
Il secolo scorso, la guerra bosniaca aveva registrato circa 32.000 persone tra i dispersi. Nel corso degli anni organizzazioni come quella di Masovic, sono riuscite a recuperare il 75% dei corpi. Nonostante le difficoltà. Tanto che secondo Masovic la Bosnia meriterebbe la qualifica di “leader mondiale” nella risoluzione dei casi di persone scomparse. In effetti, l’organizzazione ha rinvenuto finora oltre 3.000 fosse comuni clandestine. Un risultato “straordinario” secondo Sandra Sostaric, coordinatrice forense presso la Commissione internazionale sulle persone scomparse (ICMP) con sede a L’Aia. Anche se resta ancora molto da fare. Perché a 25 anni dalla firma dell’accordo di pace di Dayton che pose fine alle ostilità, quasi 8.000 persone rimangono ancora disperse.
Le prime ricerche in Bosnia
Per tutto questo tempo, Masovic e la sua squadra hanno fatto un lavoro scrupoloso, cercando ogni sorta di indizio. Nel tentativo di individuare le tombe, i ricercatori hanno analizzato addirittura eventuali avvallamenti del terreno. Anche se le informazioni principali il team di Masovic lo ha carpito dalle dichiarazioni dei pochi testimoni. All’indomani della fine della guerra, nel 1996, assieme al suo team Masovic aveva visitato casa per casa, interrogando la popolazione che si apprestava a riappropriarsi delle proprie vite. In particolare, i ricercatori avevano chiesto ai locali se ricordassero mutamenti della superficie del terreno o della vegetazione. Ad AlJazeera l’esperto ha spiegato che piccoli cambiamenti in aree circoscritte, ad esempio di 20 metri quadri, potrebbero indicare un aumento di materia organica. E quindi la probabile presenza di una fossa comune.
Nuove tecnologie
Col passare del tempo, però, le probabilità di recuperare le salme sono diventate sempre più scarse. Specialmente con i mezzi a disposizione in quel periodo. Ma la situazione è cambiata con l’arrivo delle tecnologie statunitensi. Infatti, gli esperti hanno cominciato a sfruttare la tecnologia Lidar con apparecchiature aeree, quali droni ed elicotteri. In questo modo, l’obiettivo era di individuare le fosse comuni. La tecnologia in questione avrebbe permesso di registrare eventuali mutazioni del suolo, che altrimenti sarebbero passate inosservate. Oltretutto, il telerilevamento da remoto avrebbe consentito di ispezionare vasta zone, addentrandosi anche nella vegetazione più fitta. Così, registrando modifiche topografiche anche minime, i ricercatori avrebbero potuto trovare indizi che suggerissero o meno la presenza di corpi in decomposizione.
Cosa può fare Lidar?
Acronimo di Light Detection and Ranging, Lidar è una tecnologia di telerilevamento che impiega impulsi di luce, o laser, per rilevare le distanze da un oggetto o su una superficie. Allo stesso modo, il sistema è in grado di rilevare la concentrazione delle specie chimiche nell’atmosfera o nei bacini d’acqua. Dopo lo sviluppo del GPS dall’inizio degli anni ottanta, il telerilevamento è stato adattato per le apparecchiature aviotrasportate e i satelliti artificiali. Ad esempio dalla NASA. Finora, tale tecnologia è stata impiegata per “guidare” le auto senza pilota. Ma anche in geologia, sismologia e archeologia. Ad esempio, una recente scoperta fatta con Lidar ha riguardato la più antica costruzione della civiltà Maya, risalente a 3.000 anni fa. Per di più, Lidar avrebbe anche un impiego militare, sebbene le sue applicazioni non siano state divulgate. Almeno da Danimarca, Svezia, USA e Regno Unito.
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La Body Farm
I primi esperimenti con Lidar erano stati fatti dai ricercatori della Forensic Anthropology Center dell’Università del Tennessee nell’ambito di alcuni studi sulla tanatologia. Anche noto come Body Farm, il Centro aveva applicato il telerilevamento per scandagliare la superficie di un ettaro dove avevano sotterrato dei cadaveri donati alla ricerca. Poi, nel 2013 gli scienziati avevano iniziato a esaminare tre tombe di diversa dimensione con uno scanner Lidar montato su un treppiede. La più grande conteneva sei corpi. Nel corso dei due anni successivi, i ricercatori avevano studiato la correlazione tra le modificazioni del terreno e i luoghi di ritrovamento dei corpi. Comunque, un esempio di quali sarebbero state le potenzialità di tale tecnologia in futuro. Tanto che gli esperti avevano pensato di esportare il metodo altrove. Specialmente in paesi altrettanto colpiti da guerre e distruzioni.
La dichiarazione
Ad AlJazeera Amy Mundorff, una ricercatrice che ha partecipato allo studio, ha spiegato: “Quando gli individui si decompongono sepolti nel terreno, la tomba si abbassa leggermente“. Quindi, mano a mano che il corpo di decompone e perde massa crea maggior spazio. Quasi un solco. Eppure, ha chiarito la professoressa, spesso è difficile individuare queste piccole alterazioni. Soprattutto quando non si abbia il confronto con la situazione precedente. In effetti, Mundorff ha spiegato: “È difficile dire quando sia un solco naturale e quando indichi una tomba, che è quello che stavamo cercando di approfondire“.
Il ruolo della Bosnia
In realtà a rilanciare gli studi su Lidar sono stati proprio i ricercatori in Bosnia. Ora, la sfida sarà testare il telerilevamento nella ricerca di tombe di quasi trent’anni fa. In una situazione in cui i corpi potrebbero trovarsi in uno stato avanzato di decomposizione. Soprattutto, come ha osservato Mundorff, ci sarebbe bisogno delle immagini relative al periodo antecedente alla guerra per individuare la possibile localizzazione dei corpi. Che potrebbero derivare dalle foto aeree antecedenti ai lavori di urbanizzazione. “Penso che si possa fare“, ha detto la ricercatrice. “Sfortunatamente per la Bosnia, la maggior parte delle fosse comuni sono di grandi dimensioni. Quindi non servirà una risoluzione alta come se cercassimo una singola salma“.
I progetti
Come ha riferito AlJazeera, l’ufficio dell’ICMP di Sarajevo si era occupato del primo progetto pilota con tecnologia Lidar. In quel caso, la Facoltà di Geologia e Geoingegneria di Tuzla, in Bosnia, si era rivolta all’Istituto per le persone scomparse per scandagliare col telerilevamento tre località nei pressi di Srebrenica. Prima di allora, la coordinatrice Sostaric si era detta preoccupata perché il passare del tempo avrebbe potuto compromettere il ritrovamento delle salme. Sostaric aveva ammesso: “C’è la possibilità che alcune persone non vengano mai trovate perché non c’è modo di trovarle“. “Ecco perché accolgo con favore questa iniziativa“. Fiduciosa ha spiegato: “Probabilmente ne verrà fuori qualcosa di buono“.
I limiti
Eppure, Sostaric ha anche ammesso che Lidar si è rivelato efficace per lo più in aree circoscritte e di pochi chilometri quadrati. Oppure in luoghi dove fosse certa la presenza di corpi. Al contrario di quanto avviene in Bosnia. “Stiamo parlando di aree in cui le tombe sono state scavate in precedenza“, ha detto Sostaric. “Se si tratta di un’area troppo grande, troppi falsi positivi potrebbero esaurire tempo e risorse“. Inoltre, gli sforzi dei ricercatori potrebbero essere minati dalle resistenze delle autorità locali. Soprattutto nei comuni serbi della Republika Srpska, dove restano da cercare le ultime tombe. Come ha spiegato Masovic: “In ogni modo possibile cercano di rallentare il processo“.
Le riserve dei politici in Bosnia
“I leader politici non si preoccupano di scoprire i resti di persone scomparse per un motivo molto semplice: la più alta percentuale di persone scomparse in Bosnia è di etnia bosniaca, quasi l’85%“. E ha concluso: “Quindi penso di essere giustificato nel chiedere se il governo sarebbe pronto a fornire elicotteri per utilizzare questa tecnologia nella scoperta di fosse comuni“. Intanto, nella squadra di Masovic 18 investigatori lavorano sul campo per trovare le restanti 7.573 persone. “Significa che ogni investigatore deve trovare più di 320 persone scomparse negli ultimi 25, 28 anni vittime di crimini di guerra, in una situazione in cui lo stato sostiene quei criminali di guerra“.
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