mercoledì, Aprile 16, 2025

Assistenza sessuale ai disabili, un obiettivo da raggiungere quello della regolamentazione

Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [292, 37 1, 48 1, 51 1, 1177], di razza, di lingua [6], di religione [8, 19], di opinioni politiche [22], di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale , che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del paese.

La decisione di aprire il discorso sull’assistenza sessuale in Italia riportando alla memoria quanto sancito dall’articolo 3 della Costituzione è mirato al raggiungimento di una piena consapevolezza di quelli che sono i diritti di tutti i cittadini e del significato di dignità sociale. Partendo da questi due presupposti e dall’impegno che lo Stato ha o dovrebbe avere nel rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini impedendone il pieno sviluppo della persona umana, si può approfondire il tema sull’assistenza sessuale.

Cos’è l’assistenza sessuale e chi è l’assistente sessuale. Soprattutto che cosa fa? La risposta non è banale e gretta come si potrebbe pensare o come ha ironizzato qualche pellicola molto distante dalla causa.

L’assistenza sessuale a persone con disabilità rappresenta un concetto avente al suo interno l’espressione massima del rispetto e dell’educazione e il raggiungimento di una regolamentazione sulla figura dell’assistente sessuale significherebbe essere un paese civile, in grado di occuparsi dignitosamente di diritto alla salute e al benessere psicofisico e sessuale. L’immobilismo di cui è vittima il Disegno di Legge n. 1442 manifesta però l’incapacità di andare oltre tutti i preconcetti e pregiudizi relegano la sessualità in un buio anfratto della quotidianità. Nonostante l’innegabile rilevanza che ha nella vita di ciascun individuo, il sesso viene vissuto ancora, per molti aspetti, come un tabu e questo non preoccupa i più, specialmente se normodotati e nella condizione di sperimentare tanto liberamente quanto segretamente la propria sessualità. Quando però, a causa di una disabilità, questa piena libertà di azione viene meno dovrebbe essere un dovere dello Stato tutelare anche questo aspetto degli aventi una disabilità.

Il sesso non è qualcosa di illecito, scabroso e imbarazzante. Non è qualcosa di cui non parlare. Il sesso è naturale, proprio come lo è mangiare, parlare e relazionarsi socialmente. È un altro modo di interagire con se stessi e con gli altri. Si da per scontato che chi ha una disabilità per la testa abbia tutto meno che l’impulso sessuale. Perchè? Sono persone, non si è disabili, si ha e questo è un punto da sottolineare costantemente perchè nel momento in cui si identifica una persona con la propria patologia la si confina in un ruolo sociale predeterminato privandola dei diritti che necessita e che si trova quindi a rivendicare.

Conoscersi intimamente, provare emozioni e sensazioni piacevoli, liberatorie e appaganti è un diritto e in questo quadro si inserisce la figura dell’assistente sessuale che ha come obiettivo il raggiungimento del benessere psicologico e sessuale della persona che assiste. L’assistente sessuale è una figura preparata, una persona che è stata formata per gestire ottimamente le esigenze dell’assistito e per poter affrontare situazioni delicate dal punto di vista psicologico ed emotivo. Non si può paragonare alla prostituzione e la motivazione è semplice: chi sente il desiderio di rivolgersi a un assistente sessuale ha non solo il bisogno di esternare i propri impulsi sessuali ma anche la volontà di intraprendere un percorso che lo conduca alla scoperta di sè. Con questo non sto dicendo che la prostituzione sia da condannare, anzi e in materia di regolamentazioni anche qui ci sarebbe del lavoro da portare a termine. Prostituta e assistente sessuale sono però due cose diverse. Un lavoratore del sesso offre un servizio fine a se stesso, al raggiungimento dell’appagamento sessuale e poi si conclude. L’assistente sessuale invece inizia un percorso che è orientato verso la scoperta dei piaceri della fisicità ma soprattutto nell’acquisizione di una piena consapevolezza di sè. Se si è di fronte a una persona che ha un grado di disabilità tale da renderle impossibile un’erezione vorrei chiedere a tutti gli illuminati che consigliano di andare a prostitute cosa dovrebbe fare la ragazza. Sarebbe impreparata anche a gestire la frustrazione dell’impossibilità di esprimere il proprio impulso sessuale del cliente. Con l’assistenza sessuale non si è clienti, si è assistiti e nel caso in cui la persona con una disabilità non potesse avere un’erezione si studierebbe un percorso mirato al soddisfacimento che non preveda l’utilizzo del pene. Il sesso non è solo genitale, il sesso è anche mente, fantasia e il Lovegiver è formato per affrontare ogni situazione con coscienza e pazienza. Il parallelismo tra prostituzione e assistenza sessuale deve quindi essere eliminato perchè fuorviante.

Lovegiver non è solo il sinonimo di assistente sessuale ma è anche il nome del progetto di Maximiliano Ulivieri, Presidente del Comitato per la promozione dell’assistenza sessuale in Italia che dal 2013 si occupa del tema dell’assistenza sessuale lavorando per raggiungere il riconoscimento legale del ruolo dell’operatore sessuale e diffondendo quante più informazioni possibili sull’argomento attraverso convegni e dibattiti. Il progetto nasce dalla consapevolezza dell’importanza del pieno sviluppo della sfera sessuale che contribuisce notevolmente a un benessere fisico e psicologico. Rendersi conto della difficoltà presente nella vita delle persone con disabilità di vivere pienamente tale aspetto aspetto della vita ha dato l’input per la creazione del progetto.

Con sessualità si fa riferimento anche alla pratica dell’autoerotismo dal momento che anche in questo caso si è frequentemente in situazioni di totale assenza di un percorso conoscitivo di sè. Nonostante i propri impulsi sessuali un individuo con una disabilità si ritrova spesso nella condizione di doversi reprimere e rassegnare all’idea di non poter apprezzare quanto di più positivo la propria sessualità potrebbe offrire. Maximiliano Ulivieri è intenzionato a cambiare le cose perchè dignità sociale è anche questo, la libertà di esprimere la propria sessualità e prima ancora di conoscerla.

L’assistenza sessuale è inoltre una realtà concreta in altri paesi europei come la Germania e l’Olanda. La sperimentazione attraverso i corsi di formazione istituiti singolarmente dalle regioni fa comunque sperare positivamente in un risvolto dell’attuale circostanza in stasi legislativa.

L’assurdità della situazione è però palpabile. Si accetta senza moralismo alcuno l’idea che gli assistenti ad anziani o a persone con disabilità si interfaccino quotidianamente con i genitali dei propri assistiti prendendosene la corretta cura igenica, premurandosi di cambiare pannoloni ed evitando piaghe da decubito e affini manipolando con dovizia ogni parte del corpo. Se si pensa però di inserire una figura che si occupi anche di piacere e di benessere si è travolti dall’ipocrisia dilagante che pretende una vita di abnegazione a quanto pare.

L’abnegazione non è però una scelta sostenibile soprattutto se imposta da schemi culturali obsoleti che non si soffermano ad analizzare l’esigenza di un cambiamento radicale nel tema della sessualità. Per poter contribuire a una modifica di assetti tanto incarnati nella nostra cultura quanto soffocanti quello che è possibile fare è parlarne, discutere ampliando quanto più si può gli orizzonti delle persone. Il resto è in mano allo Stato che dovrebbe rivedere le proprie posizioni in materia di sesso e sessualità non solo attivandosi per l’approvazione del Disegno di Legge n. 1442 ma istituendo anche dei programmi scolastici accurati di educazione sessuale ed educazione civica nelle scuole dell’obbligo, essendo completamente assente l’educazione al rispetto dell’altro e alla conoscenza di sè in quanto individui facenti parti di un tessuto sociale articolato, poichè è solo attraverso l’istruzione che sarà possibile avere un cambiamento a lungo termine nelle persone e conseguentemente nella società.

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