giovedì, Aprile 17, 2025

Arabia Saudita: stop alla pena capitale per i minori

L’Arabia Saudita ha detto che porrà fine alla pena capitale per i minori. Gli attivisti non sono così convinti che questa promessa sarà mantenuta. Infatti, più di 10 prigionieri potrebbero essere giustiziati in qualsiasi momento. Il problema deriva da una legge del 2018. Questa affermava che i minori possono essere incarcerati per massimo 10 anni, in tutti quei casi in cui l’alternativa sarebbe stata la morte. La legge tralascia quei reati per i quali la pena di morte è obbligatoria. L’Arabia Saudita non può continuare a giustiziare dei ragazzini. Il grido dei genitori si alza alle parole: “Aveva solo nove anni” e il mondo si chiede se lo Stato rispetterà effettivamente la sua promessa.

Aveva solo nove anni

Mohammed Al Faraj è caduto nelle mani della polizia su una pista da bowling, aveva 15 anni. L’adolescente è stato strappato dai suoi amici e portato in una prigione per adulti. Lì è rimasto per parecchio tempo, senza poter avere dei contatti esterni. Nel 2017, la sua famiglia riesce a fargli visita. Il giovane racconta di essere stato picchiato, preso a calci, costretto in posizione di stress per ore e lasciato per giorni in isolamento. Una violenza devastante per qualsiasi persona, figuriamoci per un ragazzino di 15 anni. Secondo gli osservatori, Faraj ha subito la tortura per confessare tre crimini legati alla provincia di Qatif. Su di lui potrebbe cadere la pena di morte. “Aveva nove anni quando ha commesso il primo presunto crimine, partecipando a un funerale nel 2012“, ha raccontato Catriona Harris di Reprieve. “È il più giovane che abbiamo mai visto in questa situazione“.

La pena capitale per i minori cesserà?

L’Arabia Saudita continua a ripeterlo: non ci sarà più la morte per i minorenni. Tuttavia, gli attivisti non ne sono così convinti. Almeno 10 giovani rimangono tutt’ora nel braccio della morte. Ognuno di loro, rischia di venir giustiziato in qualsiasi istante. Tra i 10 troviamo Al Faraj. Faraj non è tornato in tribunale e la sua pena non è cambiata. Senza una data per decidere cosa ne sarà di lui, il suo futuro rimane a rischio. Gli attivisti denunciano una disparità tra il nuovo decreto e la realtà. Potrebbero non avere tutti i torti. Mentre questa nuova misura veniva accolta, l’Arbia Saudita ha anche rimosso la fustigazione tra le punizioni consentite. Tuttavia, una settimana dopo sono stati emessi dei regolamenti di attuazione e le riforme sono state effettivamente cambiate. Questo però, riguarda solo la fustigazione. E le pene capitali?

Promesse mai mantenute

Gli imputati della regione di Qatif, tra questi Al Faraj, hanno spesso ricevuto condanne di morte. Qatif è presa di mira perché ha subito diversi disordini nel 2011. Nel posto si trovano soprattutto sciiti sauditi che denunciano una discriminazione nei loro confronti. Lo Stato ha risposto, ma con arresti e raid della polizia. Nel tempo l’Arabia Saudita ha fatto molte promesse. Il principe ereditario Mohammed bin Salman nel 2018 ha detto che avrebbero ridotto le esecuzioni “alla grande“. Nel 2019, ci sono state 184 esecuzioni, tra cui sei bambini e un’esecuzione di massa con 37 persone. La maggior parte di questi erano accusati di terrorismo. La maggior parte delle volte, le persone confessavano sotto tortura. Inoltre, Amnesty ha accusato l’Arabia di usare le esecuzioni come arma contro chi la pensa diversamente. Nel frattempo, Al Faraj e almeno altre nove ragazzi rischiano di morire da un momento all’altro.

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