giovedì, Aprile 17, 2025

Antonio Ligabue: Il tormento di un’anima naif

Antonio Ligabue è stato un artista svizzero con origini italiane, folle, silenzioso, aggressivo ma con un grande talento per la pittura e per la scultura. La sua infanzia non è stata delle migliori, Tre cognomi, due padri e una famiglia poverissima.

il suo chiedere ad ogni donna, che incrociava il suo percorso di vita, “Dam un bes” (Dammi un bacio) mostra quanto bisogno d’affetto avesse.

Ligabue: una vita travagliata e senza amore

Antonio Ligabue nasce il 18 dicembre 1899 a Zurigo da Elisabetta Costa, originaria di Cencenighe Agordino, provincia di Belluno. Del suo vero padre non si sa nulla, a quanto pare abbandonò la madre appena restò gravida. Per questo la madre lo registrò anagraficamente come Antonio Costa.

Soltanto un anno dopo la sua nascita, la madre non riuscendo a prendersene cura per la situazione in cui versava, affidò il piccolo Antonio alle cure di una coppia svizzera tedesca Elise Hanselmann e Johannes Valentin Göbel, per rimanere con loro fino al 1919. Ligabue non verrà adottato dalla coppia ma l’artista svillupperà dei sentimenti molto forti, e contrastanti, per sua madre affidataria alla quale resterà per sempre legato. La famiglia Göbel viveva a Tablat, nel circondario di S. Gallo, qui Ligabue frequenta le scuole e arriva a superare solo la terza elementare.

L’anno dopo l’affidamento del piccolo la madre si sposa con Bonfiglio Laccabue, emigrato in Svizzera, che legittimerà Antonio come suo figlio, dandogli il cognome. Ma una volta adulto decise di cambiare il cognome Laccabue in Ligabue. In realtà si è ipotizzato che Bonfiglio Laccabue fosse davvero il padre del piccolo Antonio, ma non ci sono prove a riguardo.

Nel 1913, dopo essere appena arrivato a superare la terza elementare, per via di alcune problematiche che si sono presentate fin da subito, Entra nell’istituto di Marbach, un collegio per ragazzi con handicap. Subito risalta per le sue doti artistiche ma anche per il suo comportamento violento. Antonio riesce ad arrivare alla quarta elementare, ma nell’istituto non è possibile gestirlo, per questo è stato espulso. La famiglia affidataria si trasferisce così a Staad, e qui inizia ad occuparsi della campagna, conducendo una vita da girovago.

Purtroppo la sua instabilità psichica si fa sentire sempre più spesso e, dopo una crisi violenta verso sua madre affidataria, viene ricoverato per quattro mesi (18 gennaio – 4 aprile ’17) nella clinica psichiatrica di Pfäfers. Ormai il ragazzo ha quasi 18 anni, ma dopo il ricovero raggiunge i Göbel che si erano di nuovo trasferiti a Romanshorn. Ma non riesce a stare con la famiglia per molto tempo, decide quindi di tornare in strada a vagabondare, ed è in questi numerosi spostamenti che Ligabue viene in contatto con i pittori i naïfs dell’Appenzell.

L’espulsione dalla Svizzera

Era la metà del mese di maggio del 1919 quando, il futuro artista, venne espulso dal paese che lo ha visto nascere. A fare la denuncia fu sua madre affidataria insofferente per il il carattere del giovane, indifferente e scostante. La donna si rivolse al municipio di Romanshorn per lamentarsi di quel figlio affidatario, ma non ebbe la minima idea che ciò che stava facendo avrebbe avuto delle conseguenza drastiche.

Il 2 giugno di quello stesso anno venne portato alla questura di Como, e qui, il prefetto convalida gli atti per il trasferimento di Ligabue a Gualtieri, comune d’origine del compagno della madre nonchè suo padre adottivo, dove ci arriverà i primi di agosto.

L’Italia: l’impennata della sua carriera artistica

Ligabue è solo in Italia, ed è per questo che, solo un mese dopo il suo arrivo nel bel paese, tenta di evadere, ma non ci riesce e viene riportato a Gualtieri. Si sente perso senza la sua madre adottiva, gli manca la Svizzera, parla solo il tedesco e questo è un grosso blocco che lo frena anche per cercare delle relazioni sociali.

Gli unici contatti che ha con i quali conversa sono gli ex emigranti tedeschi ed i fogli da disegno. Infatti all’epoca già metteva in atto quel talento innato di cui era dotato.
Purtroppo il comune di residenza aveva dei mezzi limitati per permettergli di vivere un’esistenza dignitosa.

Nonostante quel forte senso di tristezza e malinconia, riuscì a trovare un lavoro sugli argini del fiume Po, qui raccoglieva l’argilla per scolpirla, ma molte delle sue opere sono andate perdute, all’epoca non era a conoscenza del fatto che l’argilla andava cotta per essere più resistente nel tempo. Ma col passare del tempo è sempre più “selvaggio” vive nei boschio o nelle golene del Po, ma la sua produzione artistica aumenta, e proprio in quell’anno (attorno al 1928) incontra lo scultore Mazzacurati. Ma per Ligabue ora non c’è altro se non la pittura.

Dopo qualche anno il suo arrivo in Italia (nel luglio del ’37), ecco che viene di nuovo internato. La diagnosi fattaglia ll’ingresso fu “stato depressivo”, Il medico di Gualtieri motiva il ricovero sottolineando il carattere irascibile e violento del pittore e i suoi gesti di autolesionismo. Resterà ricoverato per 5 mesi.

Tre anni più tardi altro ricovero nell’ospedale psichiatrico di Reggio Emilia per “psicosi maniaco-depressiva”. Ma a farlo uscire du lo scultore Andrea Mozzali che se ne assunse la responsabilità.

Durante la guerra, grazie alla conoscenza della lingua tedesca, fa da interprete alle truppe teutoniche. Ma anche qui qualcosa non va, percuote e spacca una bottiglia in testa ad un soldato tedesco, questo gli varrà tre anni di internamento nell’ospedale psichiatrico.

Qui tutte le opere di Ligabue: https://www.fondazionearchivioligabue.it/opere

Dimesso dall’ospedale nel 1948 continua a dipingere e tanto più dipinge tanto cresce la sua fama. Vince premi, vende quadri, trova amici, spesso interessati, che lo ospitano. Su di lui si girano documentari e films. Ma Ligabue rimane lo stesso, anche se viene identificando nelle automobili, dopo la passione per le motociclette, il segno di un raggiunto prestigio sociale, con forme maniacali (vorrà un autista, che si tolga il cappello, aprendogli la portiera della macchina per salire).

Venne il 1961 e con esso arrivò la sua prima mostra personale alla Galleria La Barcaccia di Roma. Ma qualche mese più tardi ebbe un incidente in motocicletta, che lo costrinse ad un ricovero di 30 giorni in ospedale.

L’anno successivo, Ligabue, viene colpito da una paresi viene inviato infermo al ricovero Carri di Gualtieri.

tra il giugno e luglio del 63 Ligabue chiede di essere battezzato e cresimato, ormai è immobile, ma la sua fama no, anzi, cresce sempre di più.

E’ il 27 maggio 1965 quando Antonio Ligabue, nato Antonio Costa legittimato Antonio Laccabue, si spegne al ricovero Carri di Gualtieri. Fu sepolto nel cimitero di Gualtieri e sulla sua lapide venne posta la maschera funebre in bronzo realizzata da Mozzali. In paese era soprannominato, nel dialetto locale, Al Matt (il matto) o Al tedesch (il tedesco).

I ricordi di Ligabue sono confusi, il periodo svizzero è come una nebbia, illuminata solo dal desiderio del ritorno. Non ha mai conosciuto l’amore, il suo aspetto fisico è il frutto della povertà, di una cattiva alimentazione che gli ha causato il rachitismo, comportando un mal sviluppo della calotta cranica e dello scheletro. Ha vissuto come un vagabondo, ma con un dono immenso. Le sue opere più famose ritraggono animali che sono in lotta o che stanno per attaccare la preda. E’ sempre in agguato o sempre in lotta. Proprio come lui. Un uomo fragile, incompreso, bistrattato, ed i mezzi limitati dell’epoca non gli permisero una vita dignitosa. Forse gli ultimi quattro anni di vita sono stati un pò un riscatto da tutto quel marciume dal quale proveniva.

Museo Antonio Ligabue

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