In una Italia più in bianco e nero che a colori, immersi in un tubo catodico lungo 80 metri, abbiamo sfiorato anche noi la manina del piccolo Alfredino Rampi. Un bambino di 6 anni appena, che per gioco da un terrapieno scivola e diventa involontariamente una ‘tragica celebrità‘. Precipitando in un tunnel verticale che a noi era apparso senza fondo, ma anche drammaticamente senza una entrata visibile a colpo d’occhio da un bimbo.
1981: un anno drammatico
Era il 1981, anno complicato per papa Wojtyla, ferito a seguito di uno sparo tra la folla in piazza San Pietro. Lo stesso anno dell’escalation dei blitz delle Brigate rosse. Ma questi fatti non possono e non devono, o almeno non dovrebbero, fermare i giochi dei bambini, la loro gioia e curiosità. E infatti i tristi accadimenti di quell’anno non impedirono ad Alfredino di gareggiare con se stesso, con la sua fantasia senza limiti.
Spesso ciò che è importante per l’uomo adulto, per un bambino, per la sua curiosità pura e infantile, rappresenta solo un elemento in più di gioco da sfidare o trasformare. Un pozzo, un elemento che richiama vita, acqua, un manufatto che con una moneta in mano lo trasformi in una espressione di desiderio. Un opera fatta dai ‘grandi’ e trasformata in un attimo in un orrore per un bambino. Era il 10 giugno 1981.
Il microfono per dare voce ad Alfredino Rampi
Non esisteva la tecnologia wireless, ovvero senza cavo, e gran parte dei dispositivi audio e video erano usati sfruttando proprio questa sorta di ‘fune elettrica’. Eravamo abituati, guardando la tv, alla presenza, a volte ingombrante, di microfoni corredati di lunghi cavi che permettevano il movimento al presentatore di turno.
Il microfono, l’unico oggetto che Alfredino ha potuto avere vicino ma che malgrado la sua curiosità non ha potuto mai toccare e che il buio ha reso invisibile. “Non mi fate morire” diceva Alfredino proprio ad un microfono con cavo lungo 36 metri, perché questa era la distanza iniziale dal suo più vicino interlocutore.
La tavoletta di legno come un salvagente
Non esistevano task-force ed esperti, gli unici ad aiutare erano i volontari che si trovavano sul posto. Gente comune, curiosi, amici e parenti disperati, operatori tv e anche qualche ambulante che distribuiva, a pagamento, panini e bibite.
Parte la prima diretta della storia di 18 ore, tanti italiani vengono a conoscenza di questa tragedia. Via Sant’Ireneo, a Vermicino, si affolla, ed è ora di prendere decisioni. Ed ecco una tavoletta di legno, legata ad una lunga fune, entrare nel pozzo per essere calata lentamente. Sembrava una buona idea, la tavoletta tende la fune e permetterà ad Alfredino Rampi di ancorarsi per poi essere tirato sopra. Ma il foro del pozzo era di 28 centimetri, meno di due palmi di mani, e la tavoletta a 25 metri si incastrerà chiudendo definitivamente il passaggio. Questa manovra rappresentava una possibile soluzione ma il rischio di errore elevato (anche scontato) avrebbe dovuto convincere i volontari a escluderla subito come alternativa di salvataggio.
Il tunnel parallelo
Intanto la folla supera le 10000 unità per Alfredino Rampi e dopo un appello alla tv per reperire trivelle profonde disponibili, si procede a scavare un tunnel parallelo. Ma le trivelle incontrano spessi strati di roccia e forano non senza vibrazioni causando la ulteriore discesa di Alfredino verso i 60 metri di profondità.
Come tutti i bambini anche Alfredino sicuramente si sarebbe coperto le orecchie con le proprie manine cercando di attenuare i rumori forti. Magari, per esempio, al passaggio di una motocicletta. O durante il capodanno, con il frastuono dei fuochi d’artificio. Questa volta invece il trambusto delle trivelle è arrivato alla sua testa, al suo corpo, senza difesa e in egual modo tutte le vibrazioni meccaniche prodotte dalle macchine escavatrici. Alla luce dei risultati questa operazione sarà dichiarata fallimentare.
Nasce la ‘TV del dolore‘
La Rai fa la staffetta tra le sue tre reti (era nata da poco Rai3), ma in onor del vero era stata chiamata per assistere al salvataggio dato per certo. Il giornalista si commuove, partecipa alle operazioni fornendo anche una sonda microfonica per poter far ascoltare la voce di Alfredino ai medici e assistenti presenti in superficie. Voce che intanto si fa sempre più flebile. Le probabilità di salvezza scendono di ora in ora così come la speranza. Intanto in mezzo alla folla si fa largo una figura inaspettata: il Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini. Un uomo che è sempre stato sensibile al dolore dei suoi concittadini, che ha combattuto e vissuto sofferenze di guerra. La tragedia lo commuoverà e condividerà il dolore dei genitori, non come un’istituzione importante ma come un amico, un parente.
Ultima possibilità rimasta per Alfredino Rampi
L’ultima possibilità di salvataggio del piccolo Alfredino Rampi è riposta in un uomo, Angelo Licheri. Un tipografo d’origine sarda minuto e piccolo di statura. Tenterà di arrivare a 60 metri di profondità a testa in giù. Rimarrà in quella posizione nel tunnel per circa 45 minuti. Incontrerà il bimbo, vedrà i suoi occhi impauriti, cercherà di allacciargli l’imbracatura ma il sistema di fissaggio continuerà ad aprirsi e non riuscirà a serrarlo. Prova a prenderlo per le braccia, ci parla, gli promette una bicicletta ma l’incoraggiamento non basta. Il corpo del povero Alfredino stremato da questo ultimo tentativo di salvataggio scivolerà ancora più giù, fino alla fine del pozzo. L’uomo sarà tirato in superficie distrutto psicologicamente e con il polso rotto per aver tentato di portare con se il bambino.
Quando gli errori diventano tanti è difficile che ci possa essere un epilogo felice
Alfredino Rampi il 13 giugno 1981 è stato dichiarato morto per assenza di battito e di respiro. Il suo corpicino verrà estratto dal pozzo 28 giorni dopo. Per rispetto al dolore il tribunale, in seguito, ha vietato di riprodurre le dirette di quei giorni in cui Alfredino piange o singhiozza, chiama la mamma o i soccorritori. Vietata la riproduzione anche laddove compaiano i genitori e altri soccorritori che cercano di tranquillizzare il bambino. I filmati rimangono custoditi negli archivi della Rai. Alfredino invece è custodito sempre nel nostro cuore.