La cronaca riporta sempre più frequentemente episodi di violenza, aggressività, maltrattamenti e omicidio sia tra gli adulti che tra i giovani. È normale che ci sia allarme e preoccupazione tra famiglie, insegnanti e professionisti dell’ambiente psicologico e medico-psichiatrico. Ultimo il caso della 17enne Michelle Maria Causo. Cosa spinge all’attuazione di condotte aggressive, che poi sfociano in episodi di violenza, maltrattamenti e omicidi, come è accaduto a Michelle? È urgente una rivisitazione dell’aggressività nelle sue diverse forme per comprenderne le dinamiche, e attuare strategie di prevenzione e contenimento.
Un altro femminicidio
La cronaca di oggi 29 giugno 2023 ha riportato ancora una volta un episodio di aggressività, violenza e omicidio, questa volta tra giovani. È morta la diciassettenne Michelle Maria Causo, uccisa con un coltello da cucina in un appartamento a Primavalle, quartiere di Roma. La giovanissima è stata trovata in un carrello della spesa in strada, dentro un sacco nero dell’immondizia. Arrestato un coetaneo, accusato di omicidio. Il ragazzo è stato trovato con le scarpe sporche di sangue. Non era il fidanzato, forse un amico. Gli inquirenti lavorano al movente.
L’aggressività
L’aggressività è alla base di comportamenti che da sempre preoccupano e destano allarme tra le famiglie, gli insegnanti e il mondo della psicologia e della medicina. Il fenomeno dell’aggressività è direttamente correlato alla tipologia dell’espressione dell’aggressività e alle valutazioni del rischio dei comportamenti aggressivi.
L’aggressività è definita come “la tendenza a manifestare un comportamento finalizzato a combattere qualsiasi fenomeno minacci l’integrità dell’organismo e/o tesa ha provocare un danno agli altri”.
Deriva dal latino ‘ad’, cioè ‘verso’, ‘contro’ e ‘gradior’, cioè ‘procedo’, ‘avanzo’.
Essa è considerata un fattore principale per garantire la sopravvivenza dell’individuo e della specie. E’ ritenuta una risposta alle frustrazioni.
Una sua caratteristica è l’intenzionalità con cui viene messa in atto. Come pure esiste la dimensione della direzionalità del comportamento aggressivo.
Violenza e criminalità
Le condotte della violenza e criminalità, quindi anche aggressività e l’omicidio, rappresentano un fenomeno sempre più frequente. Coinvolgono la persona nella sua totalità, cioè la dimensione della personalità e della salute psichica. Come pure le relazioni familiari e il contesto lavorativo. E ancora interessano la razza, la cultura, la classe sociale e la religione.
Omicidio
L’omicidio rappresenta la forma più grave di violenza e aggressività. Si tratta dell’uccisione illecita di un’altra persona e contiene la componente dell’aggressività. Si distinguono motivazioni, che sono:
– razionali, dove è presente un motivo di tipo sociale, politico o religioso;
– omicidi emotivi, causati dalla gelosia, vendetta, risentimento, ovvero quelli definiti ‘passionali’.
Cause
Esistono motivazioni consce ed inconsce rispetto alla situazione che ha provocato la reazione di aggressività e omicidio. Può essersi trattato della percezione di aver subito un torto. Oppure di una reazione di panico. Come pure un omicidio scaturito da conflittualità intrafamiliari, o assassini sadici. Perché succede?
Un comune denominatore è la mancanza della capacità di controllare l’impulsività. Ciò deriva dal non essere più in grado di dare regole di comportamento ai soggetti in età evolutiva. Non si è capaci di dire ‘no’ in maniera autorevole e senza negoziazioni. E invece i ‘no’ sono fondamentali, perché allenano all’autocontrollo. Il bambino non sopporterà i ‘no’, anche da grande. C’è la possibilità e il rischio che cresca come un ‘tiranno’. Così quell’individuo non sopporterà i ‘no’ di nessun altro. Ritenendosi padrone del mondo, potrebbe anche uccidere in maniera spietata.
Valutazione del rischio e predizione della violenza
Numerosi autori e studiosi della psichiatria pongono maggiore attenzione alla violenza e alle problematiche inerenti la sua valutazione e prevenzione. Emerge che i maschi sono più violenti delle femmine e che aver subito maltrattamenti durante l’infanzia influenza lo sviluppo delle condotte violente in età adulta. Si è arrivati alla consapevolezza che esiste una relazione tra i comportamenti aggressivi e alcune patologie psichiatriche. Ad esempio, la schizofrenia e i disturbi di personalità.
È necessario comprendere che il comportamento aggressivo non è sempre conseguenza di un impulso. Può essere anche il risultato di un insieme di elementi, quali Il temperamento, i fattori morali e i fattori sociali.
Test per la valutazione del rischio di atti violenti
Gli studiosi hanno strutturato test e questionari psicometrici per descrivere tratti di personalità, quali ad esempio l’aggressività e l’impulsività. Come pure la tendenza a comportamenti violenti. Ad esempio, il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI), che indaga in particolar modo il controllo degli atteggiamenti aggressivi. E la Past Feelings And Acts Of Violence Scale (PFAV), che fornisce informazioni per definire un soggetto violento.
Trattamenti di prevenzione
Parlando di trattamenti di prevenzione, questi sono attuabili quando c’è la diagnosi. La persona aggressiva e violenta deve riconoscere gli eccessi del proprio comportamento e comprendere di doverli limitare e correggere. Ciò può avvenire attraverso alcuni metodi. Tra questi, quello farmacologico, attraverso:
– Neurolettici Depot, che limitano e prevengono atteggiamenti di ostilità;
– Carbamazepina, un composto utilizzato come stabilizzatore del tono dell’umore ed efficace nel trattamento dell’impulsività e delle condotte aggressive.
E poi anche la ‘contenzione fisica’, ovvero un trattamento che si attua quando falliscono i tentativi di collaborazione. Ma soprattutto quando l’agitazione dell’individuo potrebbe procurare un grave rischio alla sua integrità. Si tratta di una strategia terapeutica che serve per andare a lavorare su specifici disturbi comportamentali. Agisce attraverso cinghie di contenzione che andrebbero controllate a livello di comfort e sicurezza. Spesso è il paziente che lo richiede al terapeuta, pur essendo questa strategia complessa perché potrebbe rilevare difficoltà nell’instaurarsi della relazione terapeuta-paziente. In Italia non è molto utilizzato, mentre in America esistono dei protocolli che tutelano la salute del paziente mentre si utilizza questo metodo.
Conclusione
Importante è comprendere tutte le problematiche relative all’aggressività, per interpretarle e intervenire. I piani di intervento devono prevedere la crescita e la maturazione psicologica. Così come è necessario andare a indagare il cosiddetto ‘vuoto esistenziale’ come possibile causa dei comportamenti aggressivi. Ancora, essere capaci di stabilire relazioni profonde basate sul rispetto e la dignità.
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