martedì, Aprile 15, 2025

Afghanistan: genesi di un conflitto senza volto

L’ informazione fa il suo lavoro. Corre, si diffonde, cerca di sensibilizzare anime non particolarmente incline a comprendere i veri mali che affliggono il nostro violento e matto mondo. I social diventano teatro di indignazione riguardo un tema che ai molti non è ancora chiaro. Allo stesso tempo, però, diventa l’unico modo per comunicare su ampia scala. L’Afghanistan è sempre stato il nucleo di un tipo di informazione sbagliata, fatta di eccessivo patriottismo e poca, anzi pochissima obiettività.

Di chi è la colpa? E’ un conflitto che poteva essere evitato? Sono secoli che l’ uomo combatte per un’ informazione libera ed imparziale e ancora oggi, nel 2021 ci risulta difficile trovare qualcuno che sia in grado di raccontare i fatti e la politica internazionale senza essere influenzato da schieramenti o convinzioni politiche. Ciò che si sta verificando in Afghanistan ci fa capire solo il livello di confusione che gira intorno al tema sin dagli anni 90. Chi sono i talebani? Perchè sono riusciti a rientrare così velocemente a Kabul? Che ruolo ha l’ Occidente in tutto ciò? Domande che negli ultimi giorni milioni di persone si stanno ponendo a cui pochi sanno dare una vera risposta.

Chi sono i talebani?

Il Medio Oriente è sempre stato famoso per la presenza nei suoi ranghi di cellule islamiche particolarmente radicali. Fin dalla loro fondazione nel 1994 i Talebani si sono imposti come gruppo armato particolarmente proibitivo, soprattutto dal punto di vista religioso. Fondati dal mullah Omar nel 1994, nonostante non siano stati al potere per più di 20 anni, contano centinaia di migliaia di seguaci. Con la loro entrata a Kabul nel 1996 presero il potere imponendo un vero e proprio regime del terrore attraverso violenze ed esecuzioni pubbliche.

Vietarono ogni tipo di comunicazione con il mondo occidentale anche dal punto di vista culturale (musica, cinema, tv e letteratura). La legge “islamica” era l’unica che doveva essere rispettata. Agli uomini fu imposto l’ obbligo di far crescere la barba mentre alle donne quello di burqa integrale. Per decenni l’Afghanistan è stato un luogo per le donne invivibile. Non potevano studiare, lavorare o persino uscire di casa se non accompagnate da un uomo. Una vera e propria mercificazione della donna vista come proprietà dell’ uomo e “macchina” di riproduzione.

L’ intervento di un Occidente ferito nel suo simbolo

Nel 1996 a riconoscere il regime talebano furono Pakistan (ancora oggi sostenitore per motivazioni strettamente economiche), Emirati Arabi e Arabia Saudita. Ciò che scatenò le prime reazioni da parte delle potenze occidentali fu il sostegno dato ad Al Qaida soprattutto dopo una serie di attentati che il movimento terrorista mosse nei confronti degli USA. L’attacco alle Torri Gemelle dell’ 11 Settembre 2001 fu soltanto il culmine.

I talebani diedero protezione ad Osama Bin Laden che, con base in Afghanistan, continuava a manovrare le fila di attentati in giro per il mondo. Le motivazioni che portarono gli americani alla guerra erano legate principalmente la fine totale di Al Qaida, ma per distruggerla c’era prima bisogno di liberare la nazione dai talebani. Comincia così un “conflitto senza fine” che vede convolte quasi tutte le potenze occidentali (grazie alla NATO), ma in particolare USA e Gran Bretagna.

Afghanistan: l’origine di uno Stato instabile

In breve tempo il regime dei talebani cominciò a vacillare e i guerriglieri iniziarono a nascondersi tra le montagne del Pakistan (che tuttora ospita molte cellule indipendenti). Negli anni, nonostante l’Afghanistan fosse uno Stato libero, continuarono ad agire attraverso attentati e azioni di guerriglia. Nonostante ciò gli americani aiutarono il nuovo Stato nella formazione di un nuovo governo. Nel corso degli anni si susseguirono istituzioni instabili e non in grado di gestire un paese in forte rinascita. La situazione sociale nel paese cominciarono a cambiare con la nascita di scuole ed università. Iniziano a crescere giovani che non hanno conosciuto la violenza dei talebani e che avrebbero potuto, in futuro, far rinascere l’Afghanistan. Gli americani (e le forze NATO) nel frattempo continuarono la loro permanenza sul territorio. La loro presenza non fu ben vista da una popolazione che per quasi 10 anni era stata sottomessa negli anni 80 all’URSS.

Cifre da capogiro per un conflitto senza vincitori

Le cifre spese per la guerra sfiorano i 900 miliardi di dollari, per non parlare del numero di soldati americani morti in battaglia. Una nuova generazione di militari ha dovuto subire le conseguenze psicologiche e fisiche di un conflitto lungo e di cui non capivano le motivazioni originarie. 53 i soldati italiani uccisi in Afghanistan tra attentati ed azioni di guerriglia. Nonostante tutto la presenza americana sul territorio sembra avere una motivazione: rifornire e formare un esercito afghano capace di resistere ad un futuro attacco talebano.

Un’ impresa molto difficile soprattutto se si pensa all’altissimo livello di corruzione che dilagava nel paese. Gli USA (e le potenze occidentali) spesero quasi 80 miliardi per cercare di mettere insieme un esercito destinato al fallimento assicurato. Documenti falsificati, armi americane rubate. Il mercato nero delle armi in Afghanistan è tuttora nelle mani dei talebani, tanto da vedere decine di combattenti radicali impugnare armi di fattura americana.

Un primo tentativo di negoziato

La crisi economica del 2008 segna un cambiamento di rotta decisivo per quanto riguarda il conflitto. L’opinione pubblica americana inizia ad essere testimone dei miliardi sprecati per mantenere il conflitto afghano e richiede un ritiro delle truppe. Dalla prima elezione di Obama, fino alle recenti di Biden, un punto fondamentale di tutti i programmi è il ritiro dei contingenti in Afghanistan. Un inquietante, quanto tragico parallelismo con le decine di promesse fatte dai Presidenti durante la guerra in Vietnam. Il primo a fare un tentativo di negoziato con i talebani in vista di un possibile ritiro è Obama. Nel frattempo Al Qaida viene distrutta e Osama Bin Laden viene ucciso, quindi (teoricamente) gli USA sembrano aver raggiunto il proprio obiettivo. Nonostante tutto le violenze da parte dei talebani continuano, insieme ai numerosissimi attentati che coinvolgono centinaia di occidentali.

Afghanistan: una guerra che va chiusa ad ogni costo

Donald Trump fa il passo decisivo aprendo un dialogo con i talebani e firmando a Febbraio 2020 la resa incondizionata a Doha. La promessa è quella di lasciare lo Stato entro il Maggio 2021. L’ elezione di Joe Biden non cambia le cose. Nonostante critichi il suo predecessore per le modalità con cui ha gestito i negoziati, rimane sulla stessa linea di pensiero. Il ritiro definitivo sembra essere dietro l’angolo. Dopo una serie di rinvii la data fissata è quella di Agosto 2021. La situazione in Afghanistan nel frattempo non è tra le più rosee, infatti i talebani continuano ad avanzare nel paese e puntano a Kabul.

Passa il tempo ma gli errori persistono

Quello che era stato promesso da Biden come un ritiro graduale e ordinato, non si è rivelato così. Tornano a perseguitarci immagini che ricordano tanto la fuga dei soldati dopo la resa durante la guerra in Vietnam e che mostrano come l’ uomo sembri non imparare mai dai propri errori. I soldati americani presenti in territorio afghano erano appena 3000 ma la loro presenza dava sicurezza all’esercito locale. Un pò come un paracadute capace di aprirsi da un momento all’altro. Il ritiro improvviso degli americani getta totalmente nello scompiglio una cellula militare già disorganizzata ed insicura. La presa di Kabul da parte dei talebani dopo 26 anni è inevitabile.

Agosto 2021: le immagini che hanno sconvolto il mondo

Negli ultimi giorni siamo stati inondati di immagini sconvolgenti che ci fanno capire quanto siamo stati fortunati ad essere nati nella “parte giusta” del mondo. Un posto dove è possibile esprimere la propria opinione senza rischiare di mettere a repentaglio la propria vita. La situazione in Afghanistan al momento è più instabile che mai. I talebani permettono l’espatrio degli stranieri con l’obiettivo di accaparrarsi le simpatie di nuovi Stati. Essere riconosciuti dai territori vicini è, al momento, il punto fondamentale della loro agenda politica.

Gli afghani sono invece rimasti bloccati nel loro stesso paese tra integralismo e violenze. Sono diventate tristemente iconiche le immagini dei cartelloni pubblicitari con donne dal volto scoperto che vengono cancellati. Le lacrime di donne che sanno di aver perso la loro libertà e i video di migliaia di afghani ammassati negli aeroporti militari. Tutti coloro che negli anni hanno collaborato con gli occidentali verranno probabilmente o incarcerati o uccisi. Sul territorio nel frattempo iniziano ad imporsi Stati che simpatizzano il regime come Pakistan, Russia, Arabia Saudita e Cina. Le immagini crude e violente non scalfiscono la posizione di Joe Biden di un centimetro.

Afghanistan: le conseguenze di una guerra impossibile da gestire

Fino a pochi giorni fa il ritiro delle truppe americane dall’ Afghanistan sembrava la cosa giusta da fare. L’opinione pubblica sembrava finalmente essere accontentata. Lo scotto di tutto ciò è un disastro assicurato. Gli americani (e gli occidentali) negli ultimi 20 anni erano stati l’ancora di salvezza di una popolazione che senza di loro sembrava essere abbandonata a se stessa. Gli USA sembra non abbiano intenzione di ricominciare un conflitto in nome di uno Stato rimasto totalmente solo. Sembra che abbiano definitivamente deciso di abbandonare a se stessi milioni di persone che da oggi in poi saranno vittime di violenze indicibili.

I tanti errori fatti dagli Stati Uniti (e di conseguenza dagli Europei) durante questa guerra hanno testimoniato solamente l’ impossibilità di esportare il modello democratico in Medio Oriente. Una società troppo diversa da quella occidentale con cellule integraliste e una criminalità talmente radicata che non può essere estirpata. Ma l’ Occidente avrà il coraggio di lasciare milioni di persone in balia di un regime violento e antiumanitario? Nonostante i talebani stiano cercando di mediare per un governo, in qualche modo, inclusivo le speranze sono ben poche. In migliaia rischiano la vita e come al solito è tutto nelle mani di un modello politico internazionale che, dopo 20 anni di conflitto non sa ancora come reagire.


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Rischiare la propria vita pur di essere liberi

Immagina da un giorno all’altro di esser costretto a scappare dal paese in cui sei cresciuto. Di dover bruciare il tuo diploma, i tuoi libri di scuola o semplicemente i romanzi che ami leggere la sera prima di andare a dormire. Immagina di vedere le strade della tua città, Kabul, fino al giorno prima piene di vita, deserte. Vedere persone che preferiscono rischiare la vita pur di non rimanere nel paese in cui si è cresciuti. Immagina di perdere ogni contatto con quella società in cui eri cresciuto. Immagina di non poter più vivere la tua vita come hai fatto fino a ieri. Essere testimone (o vittima) di violenze sommarie. Immagina un conflitto senza senso che fa dei volti coperti delle donne e della disperazione dei bambini il suo simbolo più violento e definitivo.

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