sabato, Aprile 19, 2025

Cosa è successo davvero a Fares? Gli amici: “Vogliamo la verità”

Dolore, rabbia e un’inchiesta della magistratura. Sono ancora da chiarire le dinamiche sulla morte del ragazzo morto a Livorno durante un controllo della polizia.

La versione degli agenti e quella della comunità tunisina

Nella notte tra il 24 e 25 aprile Fares è morto. Il ragazzo tunisino di 25 anni, stando alla versione delle forze dell’ordine, stava fuggendo da una pattuglia che lo aveva incrociato in piazza della Repubblica, a Livorno. Alla vista degli agenti, Fares avrebbe deciso di gettarsi nelle acque di Fosso Reale. La polizia, non trovando il giovane, avrebbe allertato i vigili del fuoco che lo hanno ripescato con l’ausilio dei sommozzatori, ormai annegato e a quattro metri di profondità, intorno all’una di sabato. Ma per la comunità tunisina i fatti sarebbero andati diversamente: “Questa versione non è attendibile. Era risaputo che Fares non sapesse nuotare. Non avrebbe mai commesso un gesto del genere”, le parole di Wassim, amico di Fares. Poi continua: “Ci sono dei testimoni che lo hanno sentito urlare mentre affogava. Perché nessuno li ha interpellati? Perché nessuno vuole ascoltare un’altra versione della vicenda?”. Come fa sapere Wassim, i testimoni sarebbero dei ragazzi stranieri in attesa della conferma del permesso di soggiorno.

Gli amici di Fares: “Chiediamo verità e giustizia”

In Italia da soli sei mesi e senza una famiglia, Fares era un “ragazzo per bene e a modo”, come spiega Wassim. “Questo è ciò che più ci fa arrabbiare. Se una cosa del genere è successa a lui, cosa può succedere a noi?“. Una domanda che viene dal tragico risvolto di una vicenda che, come gli amici di Fares temono, rischia di essere archiviata. “Lui non ha una famiglia qui, ha solo noi. Per questo noi saremo la sua voce, la voce che gli hanno strappato. Stiamo raccogliendo dei soldi per procedere legalmente. Non vogliamo che questa tragedia sia dimenticata come spesso accade. Chiediamo la verità“. Le proteste che hanno preso il via subito dopo la notizia della morte del ragazzo sarebbero il primo passo attraverso cui la comunità tunisina di Livorno sta cercando fare luce sulla questione. “Questo è l’unico modo per far sapere quanto è accaduto. Ma non è facile. Durante il corso dell’ultima protesta, il Consigliere della Lega, Alessandro Perini, ha cercato di stroncarci rivolgendo pesanti insulti a noi e al ricordo di Fares”, le parole del ragazzo.

La morte di Fares non è un caso isolato

La morte di Fares e la gestione della narrazione della sua tragedia evidenziano un razzismo sistemico acuito da una sistemica volontà di archiviare e dimenticare. Quello di Fares, in effetti, non è un caso isolato. Durante il pomeriggio del 25 aprile, a Padova, un ragazzo di colore in sella alla sua bici da freestyle non si sarebbe fermato all’alt della polizia Locale. Alcuni testimoni affermano che il ragazzo non avrebbe fatto neanche in tempo a rallentare: sarebbe stato subito spintonato a terra e, mentre chiedeva il perché di tanto accanimento, sarebbe stato messo pancia a terra strattonandolo per il collo, come mostrano le immagini circolate in rete. Una storia che è bene aver presente per comprendere che queste vicende sono solo i casi più tragici di una quotidianità fatta spesso di abusi, minacce e violenze. Fares, però, non ha immagini né video a raccontare la sua storia. Poche notizie, poche verità, una sola versione: è quella giusta? “Io non so la verità ma chiedo che venga fuori”, la richiesta di Wassim.

Razzismo sistemico: non è l’America ma l’Italia

Il razzismo sistemico in Italia esiste. Vive nel linguaggio di alcune testate e di quelle forze politiche che impiegano quanto accaduto per un proprio tornaconto. “Assalto”, “assedio” e “disordini”: sono queste alcune delle parole usate per raccontare la manifestazione del 26 aprile. Criminalizzare una parata che, nonostante i vari tentativi di blocco da parte della polizia, presente con camionette, ha raggiunto senza troppe tensioni Piazza del Municipio, inviando una delegazione in questura, è una chiara dimostrazione dell’oppressione di chi vive schiacciato dalle disparità generate mantenute da meccanismi radicati nella storia. Ma vive anche nella gestione sempre più persecutoria e autoritaria della politica di “sicurezza e ordine pubblico”. Cosa ne sarà del tragico risvolto di questa politica nel caso di Fares?

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