È la spiegazione della psicologa Daniela Traficante, in un’intervista all’ Huffingtonpost, a chiarirci ogni dubbio sull’efficacia della Dad. La mimica espressiva e, l’accompagnamento nel percorso sono alla base della vita di uno studente.
Perché la mimica espressiva è importante per gli studenti?
Tra accordi e disaccordi, tra voci fuori dal coro e contrasti, la psicologa Traficante da una spiegazione all’efficacia o, meno, della didattica a distanza. Molti genitori si sono “lamentati” del fatto che i figli perdessero le cognizioni acquisite dalla lezione svolta in Dad. Questo è un parametro da considerar assolutamente per la vita conoscitiva di tutti gli studenti. L’importanza della socializzazione, della vista del professore e di un mentore che ne segua il percorso, è alla base stessa dell’apprendimento. Perché vi chiedete? Lo spiega la dottoressa, molto semplicemente. L’alunno ha necessità di associare il ricordo della lezione, delle spiegazione attuata, mediante differenti tipi di linguaggio verbale e non. Per linguaggio non verbale, si intende quelle microespressioni facciali esposte dal nostro interlocutore che, ci rimandano immediatamente a quanto detto. In Dad ci troviamo di fronte ad uno schermo “piatto”, privo di esprimere emozioni, nella solitudine del periodo che viviamo. Il rapportarsi con i compagni è un ulteriore aspetto d tenere in stretta considerazione. Al fine di valutare un’interazione ed uno scambio di opinioni.
Studenti: in Dad c’è chi chatta, mangia o cucina
Le microespressioni facciali e la PNL
Al di là del discorso scolastico, ad incrementare la verifica della stessa psicologa, sappiamo bene che esistono linguaggi non verbali, studiati nell’applicazione della stessa polizia. Sebbene in Italia la faccenda non abbia preso un campo così vasto, in America, è all’ordine del giorno. Ed ecco che entra in campo, nella fattispecie, la PNL. Che cos’è? Si tratta di una programmazione neurolinguistica, come approccio alla comunicazione e uno sviluppo personale alla psicoterapia. Fu ideato in California negli anni ‘70, da Richard Blander e John Grinder. Nasce dall’accostamento di pensiero che, ci sia una stretta connessione fra processi neurologici e linguaggio. Tali portano quindi a schemi comportamentali che, l’individuo attua come “abitudine” nella propria vita. Tornando al discorso della polizia, questo viene messo in atto, studiando il comportamento schematico dell’imputato, associato alle espressioni facciali. In tal modo è possibile comprendere se il soggetto in questione, sta mentendo, nascondendo qualcosa, o dicendo la verità. La pratica non è possibile da applicare per il tratto psicopatico. Per una spiegazione molto semplice: la mancanza di emotività.