Una corsa contro il tempo quella che i ricercatori stanno cercando di fare per salvare le balene franche del Nord Atlantico (Eubalaena glacialis).
In natura restano circa 356 esemplari mentre i censimenti dello scorso anno ne contavano 409.
Inoltre si prevede che nei prossimi 10 o 20 anni potrebbero sparire definitivamente le uniche 70 femmine riproduttive attualmente esistenti.
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Cosa sta succedendo a queste balene?
La velocità con la quale sta diminuendo la popolazione di questi cetacei è allarmante.
Sempre nel 2020 la IUCN (International Union for the Conservation of Nature) ne ha cambiato lo stato di conservazione in “critico” che in soldi spicci significa “specie prossima all’estinzione in natura”.
Tra barche e reti da pesca
Tra le cause di morte più importanti vi sono le eliche delle imbarcazioni e le reti da pesca alle quali restano impigliate per poi morire lentamente e in agonia.
Inoltre il ciclo riproduttivo delle specie non regge il ritmo della mortalità: danno alla luce il primo piccolo quando hanno circa 10 anni e l’intervallo tra una nascita e l’altra varia dai 3 ai 6 anni.
Nell’ultimo periodo il Canada ha adottato misure per ridurre gli incidenti mortali come la limitazione della velocità per le grandi navi e il divieto di pesca nelle aree dove queste balene sono avvistate più spesso.
Ma i ricercatori sostengono che per quanto giuste queste misure non sono abbastanza.
Non solo ne stiamo uccidendo tante ma anche troppo velocemente.
I giganti dell’oceano
La balena franca è un grosso cetaceo che può arrivare a pesare fino a 77 tonnellate.
Ne esistono ben 3 specie:
La balena franca del Nord Atlantico, quella del Nord pacifico e quella australe.
Le prime due sono le più minacciate le cui popolazioni contano centinaia di individui (la specie del Nord Pacifico conta circa 200 esmplari) mentre la terza conta circa 10000 esemplari.
La particolarità di entrambe le specie è l’eccezionale longevità: si stima possano raggiungere e superare i 100 anni di età.