Sono passati 50 anni da quando Neil Armstrong ha messo piede sulla Luna: la missione Apollo 11, atterrata il 21 luglio 1969, fu un’impresa epica e sancì il primo passo dell’uomo sul suolo lunare:
Un piccolo passo per un uomo, un gigantesco balzo per l’umanità
Oggi, 14 novembre, è l’anniversario del decollo della missione Apollo 12, la sesta missione con equipaggio del programma Apollo della NASA e la seconda ad atterrare sulla Luna, dopo l’Apollo 11. L’equipaggio era formato dal capitano Charles Conrad, con Alan Bean e Richard Gordon. La missione Apollo 12 venne programmata pochi mesi dopo l’Apollo 11, ed era diretta verso la zona occidentale della Luna, conosciuta come l’Oceano delle Tempeste, a circa 1500 km dal Mare della Tranquillità, dov’erano sbarcati i compagni dell’Apollo 11. L’allora presidente degli USA era Richard Nixon.
Houston, abbiamo (di nuovo) un problema!
La navicella Decollò dal John F. Kennedy Space Center il 14 novembre 1969 alle 16:22 UTC. Meno di un minuto dopo il decollo saltò la corrente. Solo più avanti, la NASA scoprirà che la navicella era stata colpita da due fulmini, rispettivamente 36 e 52 secondi dopo il decollo.
Gli astronauti erano disorientati: Alan Bean pensò che la capsula si fosse staccata dal razzo. I monitor sembravano impazziti a causa di numerose spie intermittenti che non accennavano a fermarsi. L’equipaggio comunicò a Houston il problema: erano passati 60 secondi dal primo fulmine e la decisione di annullare o meno la missione si sarebbe dovuta prendere di lì a poco.
Dopo alcuni istanti di incertezza, da Houston giunse un ordine: “impostare SCE su ausiliario”. Nessuno a bordo capì immediatamente il da farsi: le comunicazioni erano poco chiare e gli astronauti non conoscevano tale comando, che venne ripetuto più volte. Il pilota Alan Bean, fortunatamente, si ricordò un’esercitazione e riuscì a decifrare quale fosse il pulsante da azionare: le luci sul pannello iniziarono a calmarsi e il flusso dei dati sembrò tornato alla normalità. Riavviarono le celle carburante e tornò l’energia. Il lancio proseguì senza intoppi.
Nonostante l’emergenza fosse rientrata, Mission Control non poteva conoscere i danni riscontrati dalla navicella a causa dei fulmini: se il modulo di comando fosse stato danneggiato, il viaggio fino alla Luna sarebbe risultato impossibile.
Lo sbarco
Fortunatamente, l’Apollo 12 sbarcò sulla Luna senza problemi il 19 novembre 1969. Inoltre, nonostante il dubbio sul ritorno – se i paracaduti fossero stati danneggiati l’equipaggio sarebbe morto sul colpo – la capsula atterrò in sicurezza. Gli astronauti vennero tenuti in quarantena per 21 giorni, cosi come l’equipaggio dell’Apollo 11, temendo il rischio di malattie lunari e di contagio.
La NASA spenderà gli anni successivi alla missione Apollo 12 a studiare come prepararsi alle tempeste di fulmini sulle piattaforme di lancio, anche se l’episodio si ripresentò durante altri due decolli, sabotandone i lanci.
Al contrario dell’Apollo 11, che mirava quasi esclusivamente all’allunaggio in sicurezza, l’Apollo 12 aveva diversi obbiettivi: la precisione dello sbarco, l’avvicinamento ad una sonda lanciata in precedenza (il Surveyor III) e riuscire ad allontanarsi di una decina di metri dal luogo di sbarco, oltre ad una serie di esperimenti scientifici da compiere. L’Apollo 11 fu un’impresa eroica e sofferta; l’Apollo 12 risultò molto più precisa e calcolata.
Gli astronauti dell’Apollo 12 (da sinistra a destra): Alan Bean, Richard Gordon e Charles Conrad. Immagine: NASA
Alan Bean ha dichiarato in seguito che la fortuna ha giocato sicuramente un ruolo fondamentale in quella missione; tuttavia, la prontezza di riflessi e la capacità di collegare esperienze passate e simulazioni alla situazione presente lo ha reso un ottimo controllore di volo e gli ha permesso di reagire al meglio in quella situazione.
Come già accennato, se i paracaduti fossero stati irrimediabilmente danneggiati, le speranze di sopravvivenza per l’equipaggio sarebbero state bassissime. Sempre Bean, interrogato sul potenziale tragico rientro, sostiene che la mentalità di un astronauta è concentrata sul presente, sul “qui ed ora”, volta ad ottimizzare ogni secondo passato, in quel caso, sulla Luna. Le incognite sono sempre tante e non c’è tempo per preoccuparsi per qualcosa di cui non si ha certezza, come per i paracaduti nella missione Apollo 12.
Il capitano Charles Condrad, goliardicamente, scendendo dalla scala del modulo lunare, disse:
Quello sarà stato piccolo per Neil, ma è un gran passo per me!