Certe date non sono che tappe di un evento mille volte più grande ed importante, e tutti insieme questi eventi formano l’enorme arazzo della Storia. Ma come sempre succede, alcuni eventi storici ci colpiscono più di altri.
Il periodo di cui parliamo è la Seconda Guerra Mondiale. L’anno, il 1940.
Come tutti sappiamo, molte città europee e anche italiane avevano il loro Ghetto, un quartiere o più quartieri destinati esclusivamente a far dimorare la popolazione ebraica che ancora non era riuscita a fuggire o non era stata deportata nei campi di sterminio. Varsavia era una di queste, e il suo Ghetto rimane, a oggi, uno dei più conosciuti oltre che il più grande d’Europa.
Era il 1° settembre del 1939 quando l’esercito di Adolf Hitler invase la Polonia. Come negli altri Paesi occupati, una delle priorità era di affrontare il “problema” degli Ebrei: e in attesa di destinare questi cittadini ai campi di concentramento, ecco che nacque l’istituzione del Ghetto.
Nella giornata di oggi, il 16 novembre del 1940, gli accessi al Ghetto di Varsavia vennero definitivamente chiusi, e intorno ad esso fu eretto un muro. Le limitazioni erano alla stregua di una prigione: nessuno, se non chi lavorava all’esterno (che doveva comunque far ritorno prima di sera) poteva lasciare la zona circoscritta, e le persone, famiglie intere con bambini, anziani, donne e uomini erano costrette a dividere pochi metri quadrati di stanza. Chi lavorava lo faceva in cambio di un misero pasto, non veniva corrisposto in soldi, e in queste condizioni disperate, con la gente che moriva di fame, malattie, stenti, iniziò ad organizzarsi un mercato nero, che impiegava spesso bambini, perché abbastanza piccoli da poter eludere la stretta sorveglianza delle guardie. Naturalmente i rischi erano altissimi: se infatti poteva capitare di trovare un soldato che fosse disposto a chiudere un occhio, era più facile imbattersi in uno che non si facesse scrupolo a uccidere.
E c’erano naturalmente le regolari deportazioni (come si può immaginare, lo scopo ultimo di questi Ghetti era solo di fare da bacino di passaggio, un luogo dove stipare gli infelici finché non giungeva il loro momento). Ma sottobanco, i cittadini non erano rassegnati alla loro sorte e molti tramavano nell’ombra.
Arrivò il 1943. Gli abitanti del Ghetto sfioravano le 70.000 unità, e la ribellione, rimasta poi nota con il nome di Rivolta del Ghetto di Varsavia, esplose il 19 aprile, infuriando fino al 16 maggio. L’esercito tedesco intervenne uccidendo, bruciando case e distruggendo ogni cosa, con il tributo di sangue di 56.000 persone, compresi ovviamente i ribelli. Gli altri finirono deportati.
Ad oggi, poco o nulla rimane del vecchio Ghetto, in quanto Varsavia era stata rasa al suolo e poi ricostruita. A ricordare però chi si batté contro la barbarie nazista c’è un monumento, chiamato appunto Monumento agli Eroi del Ghetto, che sorge proprio di fronte al Museo della Storia degli Ebrei Polacchi (Polin), su cui ho scritto ad aprile. Per rileggere l’articolo, ve lo linko qui sotto.
https://www.periodicodaily.com/a-varsavia-per-ripercorrere-la-storia-degli-ebrei/
A molti, soprattutto i più giovani, può sembrare superfluo ricordare cose accadute ormai quasi ottant’anni fa: ma la storia contemporanea invece ci insegna che questi avvenimenti non devono mai essere dimenticati. Ormai i testimoni di quei tragici eventi sono sempre di meno, e la memoria collettiva rischia di perdersi del tutto: e un popolo che vuole dirsi civile non può, non deve permettere ciò. Per i perseguitati di oggi, per chi da quegli anni bui è ritornato ma soprattutto per chi invece non ce l’ha fatta, e ancora ci chiede di non scordarlo.